giovedì, dicembre 07, 2006

Progetto Mirabella

Cari Bloggers,

questa sera è nato ufficialmente il "Progetto Mirabella": una formazione culturale e politica che mira a vincere le prossime elezioni amministrative e governare Mirabella Imbaccari.

La prima parte del progetto è di facile realizzazione: la formazione che appoggia l'attuale Amministrazione Comunale perderebbe le elezioni anche se corresse da sola.

Un grattacapo in meno per Marco Falcone&Co.

La parte seconda del progetto, ossia "governare" è quella che procurerà non pochi grattacapi a chiunque avrà l'onore e l'onere di sedere nella sala dei comandi.

La situazione è disastrosa: bilancio colabrodo, calo demografico ( siamo rimasti in 6.618 ), disoccupazione alle stelle e mancanza di prospettive.

Attualmente le speranze occupazionali poggiano tutte sulla discarica comunale...

Passami la pipa, Noodle!

L'amministratore dovrebbe gestire la cosa pubblica con buon senso, come un buon padre di famiglia. Ci ha colpiti l'intervento di Giacomo Aranzulla che ha espresso forse il concetto più sensato: superiamo le barriere ideologiche e le contrapposizioni destra e sinistra ( che come si vede anche su scala nazionale, sono solo una presa per il culo ) e mettiamoci al servizio della comunità, con intelligenza, creatività e magari un pizzico di allegria!

Qualcuno l'ha buttata più sulla politica nazionale, come Ciccio Tigano (Forza Italia) , che ha auspicato una presa di posizione netta: mandare a casa il Sindaco Turino per mandare a casa Prodi. In realtà a quest'ultimo ci penserà il buon Mastella, quindi sorvoliamo sull'argomento.

Riuscirà la prossima Amministrazione Comunale a imporre una virata di 180° a questo veliero che viaggia senza rotta e con la stiva che fa acqua da tutte le parti?

Ce lo auguriamo vivamente e giusto per non essere solo bravi a criticare, iniziamo con qualche suggerimento di facile realizzazione (in ordine sparso):

  1. Riduzione delle indennità degli amministratori a livelli sostenibili. Niente misure draconiane, per carità, ma solamente stabilire delle indennità sostenibili e giustificabili.
  2. Riduzione delle spese del personale comunale. È cosa nota cha a Mirabella Imbaccari gli impiegati comunali siano molto di più del necessario (ma nessun politico lo dirà mai, vero Marco?). Una misura indolore sarebbe quella di introdurre il "conto-ore": gli straordinari non dovrebbero essere più remunerati ma accumulati in un monte ore gestibile dall'impiegato per prendersi qualche giorno di ferie in più.
  3. Uso delle lampadine a risparmio energetico. All'Ikea ne vendono di ottima qualità a 2€ l'una e in un anno si risparmiano circa 20 euro per lampadina.
  4. Estendere tale programma a tutta la cittadinanza. 1 Lampadina a testa e siamo a 13.000€ in più nelle tasche dei cittadini ( e tante tonnellate in meno di Co2 nell'aria)
  5. Risparmio dell'acqua: in tutti i Paesi civili ed avanzati, tutte le case hanno dei dispositivi per il risparmio dell'acqua. Il costo totale è di meno di 20 euro per casa, ma il risparmio è di oltre il 30% di acqua e di circa 100€ in minori spese di riscaldamento e pompaggio.
  6. Installazione di un distributore di gas per autotrazione. Le risorse si potrebbero ottenere creando una società per azioni tra i distributori esistenti, la partecipazione del Comune o azionariato diffuso. Un impianto costa circa 200.000€. 2000 azioni da 100€ e il gioco è fatto.
  7. Reintrodurre il credito agevolato per le imprese. Con poche risorse si può ottenere un effetto leva considerevole sull'economia.
  8. Introdurre (qui siamo già nella fantapolitica) la garanzia contrattuale per le opere pubbliche, a carico delle imprese che realizzano i lavori. Se qualcuno asfalta una strada, il lavoro deve essere realizzato a regola d'arte, altrimenti l'impresa deve rifare gratuitamente l'opera o risarcire il danno in tempi rapidi. Per farvi un esempio negativo: la Catania-Gela.
  9. Tagliare le spese inutili e gli enti parassitari. Quante visite all'anno riceve la mostra del tombolo? Ci possiamo ancora permettere Agosti Mirabellesi, sagre e feste varie a questi livelli?
  10. Non abbiamo un punto 10. Ci serviva per riempire il foglio ;-)
Buona campagna elettorale a tutti e cortesemente, diamo un segno di civiltà evitando di imbrattare il nostro paesello di manifesti elettorali.

Cordialmente,

BC

3 commenti:

Anonimo ha detto...

e delle consulenze esterne ne vogliamo parlare?

Anonimo ha detto...

Dal Corriere.it

Fannulloni e corrotti al sicuro Condannati e licenziati 2 su 100
Il caso dell'usciere malato per 220 giorni in un anno: è al suo posto

Abbiano l'onestà di dirlo: non vogliono licenziare nessuno, neanche i mascalzoni arrestati con la bustarella in mano. Appioppare una condanna per corruzione a più di due anni di carcere, oggi, è pressoché impossibile. »Capita in due casi su cento. Quindi la nuova «severità» sbandierata dal governo verso i dipendenti pubblici disonesti, accettiamo scommesse, si rivelerà una bufala.
Eppure questo ha detto ieri al Corriere il ministro per la funzione pubblica Luigi Nicolais. Al prossimo consiglio dei ministri presenterà «un disegno di legge sui procedimenti penali e disciplinari nel pubblico impiego» che saranno «molto più severi» di adesso: «Oggi c'è il licenziamento in caso di corruzione, concussione e peculato con pene superiori a tre anni.
Molti sfuggono patteggiando o con il rito abbreviato. Da domani basterà una pena patteggiata di oltre due anni per essere licenziati automaticamente».
Domanda: il ministro sa quante condanne a oltre due anni di carcere vengono comminate oggi per quei reati? Se gli interessa, faccia una telefonata a Piercamillo Davigo, Consigliere di Cassazione, già protagonista del Pool Mani Pulite e autore con la professoressa GraziaMannozzi di un libro in uscita per Laterza proprio sulla corruzione. Gli risponderanno: «Pochissime».
Dettagli? Eccoli: elaborando i dati dei casellari giudiziari dal 1983 al 2002, risulta che le condanne per concussione (il reato più grave, articolo 317) a meno di due anni di galera con allegato il beneficio della condizionale sono il 78%. Quelli per corruzione propria (articolo 319) meno ancora: il 93%. E quelli per la corruzione normale (articolo 318) superano il 98%.
Ovvio: la pena prevista per la corruzione va da due a cinque anni. Il giudice, per prassi, sceglie di partire generalmente da una via di mezzo, tipo quattro anni. Basta che il corrotto chieda il rito abbreviato o il patteggiamento, se proprio non ha la pazienza di tener duro, di rinvio in rinvio, contando sulla prescrizione o un indulto, e già ha diritto allo sconto di un terzo: e siamo a due anni e otto mesi. Meno un altro terzo per le attenuanti generiche (che non si negano a nessuno) e un altro sconto se si restituisce il maltolto et voilà, siamo già saldamente al sicuro: sotto i due anni.
E questo, del resto, dicono un po' tutte le banche dati sui processi per corruzione. La pena finisce per essere spesso inferiore a un anno.
Per scendere fino a sette od otto mesi. Una oltre i due anni è una vera rarità. Soprattutto in certe aree del sud comeReggioCalabria, dove le condanne per corruzione risultano essere state due. In venti anni. Morale: la «severità» delle nuove norme finirebbe in realtà per lanciare nel mondo del pubblico impiego un messaggio devastante: tranquilli, non cambia niente, nessuno paga.
Lo dice la storia di questi anni. Non solo sul versante delle mazzette. Basti ricordare il caso di Antonio Donnarumma, un custode di Pompei. Lo arrestarono nella stupenda Casa di Cecilio Giocondo mentre cercava di violentare una ragazzina americana adescata con la scusa di mostrarle affreschi chiusi al pubblico. La flagranza del reato era tale che non cercò neanche di difendersi: patteggiò un anno con la condizionale. Bene: non riuscirono a licenziare manco lui. E si dovettero accontentare di mandarlo «in punizione» a Sorrento. Un «esilio» a 29 chilometri.
Una botta al morale di chi come Pietro Ichino invoca da anni una mano più pesante coi fannulloni proprio per dare più spazio e più soldi ai dipendenti pubblici che lo meritano, la diede ad esempio un certo Salvatore Castellano, che stava al museo di Capodimonte (dove gli usceri rifiutavano le divise perché "non sono confacenti al clima di Napoli") e dopo aver fatto 220 assenze in un anno (più le ferie, più le festività...) era stato indicato al ministero come uno da sbattere fuori. Accusa: la salute cagionevole non aveva impedito all'uomo, mentre risultava quasi agonizzante, di tenere aperto un laboratorio di cornici. Eppure, di ricorso al Tar in ricorso al Tar...
Anche A.T., un dipendente del comune di Genova, non si rassegnò al licenziamento che dopo vari ricorsi al Tribunale regionale: non riusciva a capire perché il municipio fosse così fiscale con lui, che aveva accumulato (facendo contemporaneamente altri lavori, secondo l'accusa) quasi 1.400 giorni di malattia. Perse, alla fine, ma solo perché non trovò magistrati come quelli del Consiglio di Stato che annullarono il licenziamento di un bidello calabrese introvabile quando arrivava il medico fiscale, perché «prima di assumere il provvedimento l'amministrazione deve comunque accertarsi delle reali condizioni di salute». E se quello fosse stato alle Maldive, come successe con un impiegato comunale di Pesaro? Andavano accertate le sue condizioni psicofisiche all' atollo Ari? Una sentenza fantastica. Pari almeno a quella del Tar di Milano che qualche anno fa fece riassumere al liceo scientifico Severi un bidello licenziato perché, preso in prova, in tre anni si era fatto vedere in totale per 60 giorni. No, dissero i giudici: nel pubblico impiego non si può interrompere un rapporto di lavoro prima che sia concluso un periodo di prova. Quanto lungo? Sei mesi.
Cosa che, lavorando il giovanotto ("Sono diplomato e invece di farmi fare le pulizie fatemi lavorare in ufficio!") venti giorni l'anno, avrebbe richiesto qualche decennio.
Il postino P.M., che qualche mese fa a Ortoliuzzo, Messina, fu sorpreso con due tonnellate e mezzo di lettere, fatture, telegrammi, assicurate, raccomandate che da nove mesi non aveva voglia di consegnare, se ne stia dunque sereno: avanti così, non lo licenzierà nessuno. Come nessuno è riuscito in questi anni a liberarsi, a Napoli, di quei vigili urbani che proprio non tengono voglia 'e fatica' nel traffico e hanno intasato la direzione del personale di centinaia di certificati: quello ha problemi all'udito, quell' altro non sopporta lo smog, quell'altro ancora si stressa... Tutta colpa del virus dell'«incrocite»": appena sono di turno a un incrocio, si sentono male. Il risultato, spiega il
Mattino, è il seguente: su 2.128 poliziotti municipali, quelli che lavorano ancora nelle strade sono circa 500. Un quarto. Tutti gli altri faticano dietro qualche scrivania.
Gian Antonio Stella
14 dicembre 2006

Legga caro Sindaco!

Anonimo ha detto...

E che dire del pane a Mirabella? Fa schifo! I fornai dovrebbero imparare nel circondario!